sabato 26 maggio 2012

Maggio 2012: Io e Te. A cura di Denis e Cristina


IO e TE...

Il tema principale di questa serata è quello che riporta tutti gli sforzi educativi alla loro origine: prima di essere genitori, siamo sposi. Questa verità abbastanza evidente, viene spesso dimenticata; non tanto dalle intenzioni, quanto dalla prassi. Tempo, energie, risorse, pensieri, sogni… Insomma tutto quanto anima la vita di una famiglia può essere speso primariamente per i figli, dimenticando quel lieto fondamento, che è l’evento sponsale.
Lo stimolo di queste nostre serate, è quello di aiutare le coppie a riprendersi in mano, a darsi tempi di qualità, per arricchirsi e così evitare lontananze pericolose. L’illusione che basta amarsi una volta per amarsi per sempre, e intanto fare altro come crescere i figli, vedere dei genitori, far carriera, … è una tentazione estremamente pericolosa; e oggi, forse più di ieri, questo stile “a struzzo” può portare a delle conseguenze poco piacevoli e difficili da gestire.
La relazione coniugale è una realtà quanto mai dinamica, è un equilibrio delicatissimo sempre da ricercare attraverso il confronto con le nuove situazioni. Nessuna coppia può illudersi che questo processo sia raggiunto una volta per tutte e smettere di cercarlo. La vita comune cambia, si evolve, si ela­bora, si approfondisce, si amplia. Esserne consapevoli consente alle due personalità di non porsi in contrapposizione e di maturare nella conside­razione della nuova entità che è il "noi". Tutto ciò richiede un processo di maturazione che può costare fatica e sofferenza, e a volte può creare conflitti. Questi ultimi, però, se non sono esasperati, ma ben gestiti ed affrontati, possono risulta­re positivi perché chiariscono alcune questioni, aiutano a valutare il pro­prio rapporto ed accelerano i necessari cambiamenti.
Nella coppia ciascuno dovrebbe sentirsi responsabile della libertà dell'altro, permettendo e provvedendo a far sì che l’altro possa esprimere così la sua dignità, i suoi diritti, le sue capacità. In questo modo nella coppia si pongono le basi per far crescere il rispetto da cui nasce il dialogo e la pace. Per que­sto si dice che il matrimonio è la comunione di un "TU" e non di due "IO". Il "TU" indica il primato della libertà e dei diritti dell'altro, l’”IO” invece sottolinea il primato della “mia” libertà e delle “mie” attese. Quando questa attenzione a costruire la libertà dell'altro è reciproca, si attua il cammino d'amore, un cammino di autentica e radicale promozio­ne dell'uomo e della donna.



Quando invece le emergenze della nostra quotidianità ci sovrastano, il rischio concreto è quello di non vivere il matrimonio come la comunione di un TU, ma come due IO indipendenti e autonomi. A quel punto Io e Te siamo gli ultimi. Io sono il penultimo e dopo ci sei tu. La tua presenza è per me sicura, certa e quindi puoi aspettare. Io e te veniamo sempre dopo tutto il resto. Il lavoro (che è un obbligo se vogliamo mangiare un paio di volte al giorno, ma anche un piacere che gratifica e dà soddisfazione, appagamento grazie ai risultati e ai riconoscimenti in denaro, carriera, apprezzamenti …); la casa (stira, lava, pulisci, prepara da mangiare, ripara, sistema, fai la manutenzione …, il mutuo, le bollette, i disguidi e i contrattempi); la spesa e/o le compere, gli acquisti; i figli …,la loro crescita, il loro sviluppo, la loro salute,… la scuola, i professori; i documenti per il 730, IMU-ICI,…; i miei/tuoi genitori (la loro casa, la loro salute, le loro richieste che ci intralciano …); lo sport, la palestra,…; gli amici, i miei hobbies, …; le attività ricreative dei bambini (sport, musica, inglese, catechismo,…); le riunioni serali per le attività che ci impegnano “singolarmente” (ma che ci appagano per i motivi di spunto che ci offrono, di relazione con gli altri, di realizzazione personale attraverso l’apprezzamento che riceviamo proprio dagli altri,…). Tempo per tutti e per tutto: poco e spesso di scarsa qualità. Molta velocità; molte cose che ci fanno pensare poco e male, e che solitamente ci lasciano stremati…
Ma io e te? Tu ed io quando ci incontriamo? Quando ci parliamo di qualcosa che non sia il programma delle cose da fare, delle urgenze? So veramente come stai? Come ti sei sentita durante questa giornata? Questa settimana? Cosa hai pensato? Sei felice?...
Posso veramente essere escluso da tutto questo? Da questa parte della tua vita? Desidero veramente essere uno spettatore distratto, della tua vita?

Un luogo/tempo dove poter riflettere su tutto questo è quello che noi pensiamo debba essere Camminare Insieme. Un luogo di ricarica per la coppia; un posto dove pulire la polvere che si è posata su di noi, sulla nostra storia. Riteniamo che altri siano i luoghi del fare, del sociale, della politica, della carità, del culturale, dello storico, … Questo è il luogo mio e tuo e, se sono veramente sincero, degli amici che ho a fianco. Questo sarà il punto da cui ci piacerebbe ripartire a settembre con chi ci vorrà stare. Se non sarà possibile ripartire da qui, non vivremo nessuna delusione o rammarico, perché per noi è stato comunque meraviglioso, in questi anni, Camminare Insieme a voi. Grazie.
Con Amicizia

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O Signore Gesù,
aiutaci a vedere in ogni uomo
un fratello per il qual tu sei venuto.
Aiutaci ad essere persone libere e responsabili,
che sanno accettare e rispettare l'altro
nella sua diversità e nei suoi difetti:
persone capaci di profonda comunicazione,
che sanno donare e ricevere;
che vincendo l'indifferenza e l'estraneità
sanno condividere e immedesimarsi nell'altro
per soffrire e godere insieme;
persone consapevoli dei propri limiti,
che accettano l'integrazione degli altri
in un'attiva collaborazione.
O Signore Gesù, insegnaci Tu a perdonare
come Tu hai perdonato, ad amare come Tu hai amato.
O Signore, non lasciarci arroccati nel nostro piccolo io,
barricati dietro le nostre attese,
ma rendici persone aperte, capaci di vero amore,
sorgente di comunione tra gli uomini.
Amen
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Genesi 2, 15-17

Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse.
Il Signore Dio diede questo comando all'uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti».

Cari amici un saluto fraterno e un augurio sempre di buon “viaggio” in quella che è la Parola di vita che il Signore ci dona sempre. E’ sempre bene smarcarsi dalla tentazione di venirne a contatto con l’intento che attraverso di essa possiamo suffragare le nostre intenzioni, i nostri ragionamenti. Essa ci precede, ci fonda. L’intento di aver scelto questi 3 versetti di Genesi ricalca questo desiderio: un viaggio ai primordi per ricercarne e gustarne l’origine, il fondamento. Quel “TU” che ho posto in neretto è la prima parola che nella Bibbia Dio rivolge all’uomo e con questo lo porta al riconoscimento di un IO, di un proprio volto, di un proprio nome, una coscienza, una storia… Questo giardino, in cui viene posto l’uomo, presenta uno spazio nel quale si è posti per vivere, nella presenza di Dio, un’alleanza, un rapporto privilegiato. In questo contesto si vive come soggetti di relazione, capaci di dialogare nella responsabilità di un progetto entro il quale si giunge a maturazione come persone. A fronte di una tale offerta di possibilità di espressione di vita vi è anche un invito che assume le tinte del comando, dell’ingiunzione a saper mantenere un certo rapporto, a non travalicare un determinato limite oltre il quale non si è più in grado di sentirsi in vera comunione.. Il testo è chiaro: l’uscire da questo contesto porta alla “morte” come soggetto capace di entrare in relazione. L’essere nel giardino conserva nella vitalità di essa; uscirne indica invece l’entrare nel deserto che conduce alla morte vissuta come incapacità di intessere relazioni autentiche e non “avvelenate” dal dominio della brama di possedere. Ora due accenni-piste di riflessione:
-         In che modo percepiamo il fondamento della nostra relazione IO-TU come qualcosa che ci precede e che cogliamo come donatoci da Dio?
-         Quali sono i “giardini” nei quali sentiamo che percepiamo l’equilibrio del nostro saper rapportarci con i Tu e in particolare la persona che Dio ci ha posto accanto?
-         Quali episodi indicano invece che “sconfiniamo” in contesti di “morte”?

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Giovanni 21,15-19
Quand'ebbero fatto colazione, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone di Giovanni, mi ami più di questi?» Egli rispose: «Sì, Signore, tu sai che ti voglio bene». Gesù gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, una seconda volta: «Simone di Giovanni, mi ami?» Egli rispose: «Sì, Signore; tu sai che ti voglio bene». Gesù gli disse: «Pastura le mie pecore». Gli disse la terza volta: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene?» Pietro fu rattristato che egli avesse detto la terza volta: «Mi vuoi bene?» E gli rispose: «Signore, tu sai ogni cosa; tu conosci che ti voglio bene». Gesù gli disse: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità ti dico che quand'eri più giovane, ti cingevi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio, stenderai le tue mani e un altro ti cingerà e ti condurrà dove non vorresti». Disse questo per indicare con quale morte avrebbe glorificato Dio. E, dopo aver parlato così, gli disse: «Seguimi».

Siamo al termine del vangelo di Giovanni. Nei primi vv. del cap. 21 Pietro scoraggiato e sfiduciato dice: “io vado a pescare”, alludendo al suo ritornare alla vita di sempre, dopo la meravigliosa avventura vissuta con Gesù. Nel cuore l’amarezza di averlo rinnegato e di vedere infranti tutti i sogni. Ma Gesù si manifesta nuovamente ai suoi discepoli e Pietro lo riconosce subito. Segue il dialogo che viene riportato.
E’ un dialogo nel quale si vuole ricostruire la relazione, una relazione fatta tra pari, tra amici, libera dal rimorso e dalla paura. Gesù prende l’iniziativa: “ Mi ami più di costoro?” Pietro non può negare la verità, ma non può dire che il suo amore sia superiore a quello degli altri: gli pesa il rinnegamento. Gesù comprende e gli pone la domanda: ‘Mi ami?’, senza fare più confronti e Pietro ancora risponde consapevole della sua debolezza. Sa che il suo è un amore fragile: non si basa più sulle sue forze. Allora Gesù si pone al suo livello: ‘Mi vuoi bene?’, cioè mi accontento di quello che tu riesci a darmi perché hai sperimentato la pochezza della tua capacità: senza di me non potete far niente. Per tre volte Pietro ha rinnegato Gesù, per tre volte lo riconferma nell’amore accontentandosi di quello che gli potrà dare. L’unica cosa che Gesù vuole è ricostruire il loro rapporto, il loro dialogo. Nella gioia e nella libertà di un rapporto ricostruito, Pietro ha capito nell’intimo, che solo nel ravvivare il rapporto col suo Signore sarà in grado si mettersi al servizio dei fratelli. Con questa consapevolezza, anzi, in questa consapevolezza Gesù gli ridà piena fiducia e gli ridice: ‘Seguimi!’. Guarda a me e tutto il resto ti sarà dato in più.  

In sintesi e con applicazione alla coppia: solo vivendo un rapporto vero e sincero, con il Signore prima e come coniugi poi, si può avere/attingere la forza per educare i figli e per dare il proprio contributo alla comunità cristiana e civile. 

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Quando ci siamo fermati l’ultima volta a parlare veramente a cuore aperto per dirci come stiamo e dove stiamo andando?



Quando è stata l’ultima volta che abbiamo dedicato il giusto tempo a fare l’amore senza che questo fosse “un’altra cosa da fare”? Quando ci siamo presi per mano l’ultima volta e abbiamo avuto il coraggio di pregare insieme?



Come stai? Come sto? Quando ne abbiamo parlato l’ultima volta?



Quanto mi manchi quando sei lontano? Quali paure provo? Cosa desidererei dirti? Mi basta un SMS?



Quando mi hai visto piangere l’ultima volta? Ti ho spiegato il perché? Cos’hai pensato di me? E quando è stata l’ultima volta che abbiamo riso tanto, insieme?



Quali sono le ragioni che mi hanno portato ad essere la persona che sono? Del mio modo di essere? Ti ho parlato della mia storia nella mia famiglia di origine, per farti comprendere le mie difficoltà a parlare di me, a scriverne?



Davanti a questa crisi economica e a questo cambiamento sociologico che stiamo vivendo, ti ho mai detto che l’unica cosa che conta veramente, sopra ad ogni cosa, siamo io e te, con i nostri bambini? Desidero dirtelo? Ne ho paura o forse ne sono imbarazzato?



Penso veramente che si possa vivere senza fermare la nostra corsa, per pensare un po’ a noi?



Quanto fastidio mi provocano queste domande? Perché? Te lo avevo già spiegato?



Ma queste domande sono utili alla nostra vita oppure ci creano dei problemi, delle difficoltà?


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