lunedì 5 dicembre 2011

Dicembre 2011:L’incertezza e la sua influenza nella vita familiare a cura di Fabrizio e Daniela

Introduzione
L’incertezza è un tema che pervade la nostra esistenza ed influenza sia le piccole scelte di ogni giorno che le grandi scelte di vita. Questo tema diventa ancora più pressante quando si parla di vita di coppia e vita di famiglia dove alle incertezze individuali si sommano quelle del partner, dei figli, dei parenti più prossimi e della societá che ci circonda. 

Chi vuol esser lieto sia
Nel vocabolario, l’Incertezza è definita come la mancanza di certezza, uno stato di conoscenza limitata in cui è impossibile descrivere esattamente lo stato esistente, i risultati futuri o più di un risultato possibile.

L'incertezza è il termine utilizzato in diversi significati in un certo numero di ambiti, tra cui filosofia, fisica, statistica, economia, finanza, assicurazione, psicologia, sociologia, ingegneria e scienza. Esso si applica alle previsioni di eventi futuri o per l'ignoto. L’ignoto, l’imprevisto è quindi un elemento che s’insinua in ogni attivitá umana e della natura.

Memento Mori

Ovviamente la più grande incertezza è quella che nel Vangelo è riassunta con il ben noto "Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà”. Che continua poi:  “... se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi state pronti, perché nell'ora che non immaginate il Figlio dell'uomo verrà".

Può sconcertare il fatto che Gesù si paragoni a un ladro di notte, ma ovviamente dell'esempio va colto solo l'aspetto dell'imprevedibilità. Egli non ruba niente; che la vita terrena abbia un termine è del tutto scontato, ed è anzi un segno della sua bontà il richiamo a non vivere da irresponsabili, perché il suo desiderio è quello di poter accogliere tutti con sé.

La paura di dover giocare a scacchi con il personaggio del “Settimo Sigillo” in qualsiasi momento senza preavviso, detta il senso di incertezza che ci accomuna tutti. Naturalmente la maggior parte di noi cerca in ogni modo di esorcizzare questa insicurezza. In un modo o nell’altro tutti cerchiamo sicurezza nelle relazioni, nel lavoro, nelle nostre attività quotidiane ma puntualmente accade qualcosa che stravolge i nostri piani.

La Storia è maestra di vita
Alle volte mi capita di pensare ai drammi umani vissuti in altre epoche storiche proprio qui in Friuli quando la sopravvivenza dipendeva direttamente da vicende al di fuori del proprio controllo, come ad esempio le invasioni di popoli stranieri. Si pensi alle paure che dovevano vivere i nostri antenati durante le invasioni barbariche, poi degli ungari o degli ottomani. Ad esempio, nel 568 quando scesero in Friuli i Longobardi: da un giorno all’altro ti ritrovi circondato da tedeschi che regolano la tua vita e non lo fanno con moniti dalla BCE ma con la spada. Stessa cosa con i Franchi che seguirono, i patriarchi che alle volte erano lussemburghesi e altre volte tedeschi o anche francesi per poi passare ai veneziani, agli austriaci, ai francesi di Napoleone, ai piemontesi, agli austroungarici e via dicendo.

Facendo della spannologia (cioè la sociologia fatta a spanne), per chi viene da fuori, capire i friulani è cosa semplice: siamo molto attaccati alla nostra Terra, Lingua e tradizioni perchè difendiamo con i denti un’identitá da secoli sotto costante minaccia. Non a caso viviamo in una zona di confine per sua natura costretta a convivere con l’incertezza di ciò che poteva arrivare da oltre le frontiere. Ovvio quindi il fatalismo friulano e il tendenziale pessimismo strisciante che caratterizza i più. 


Se qualcosa riassume il convivere friulano con l’incertezza è il caso delle rivolte contadine della Crudel Zobia Grassa nel 1511 seguite da il terremoto più distruttivo che il Friuli abbia mai visto, così che le classi dominanti potererono servire alla alla plebe la pillola del “ti sei rivoltato alla tua condizione di sotan? ...e il cielo ti ha punito”. Fatalismo e rassegnazione nell’incertezza.  

La famiglia incerta?
In generale l’uomo e la famiglia nella storia hanno dovuto convivere con l’incertezza totale dettata da carestie, sopprusi dei potenti, guerre, coscrizioni obbligatorie, congiure di corte, assenza di diritti e nessuna assistenza nel bisogno. Nel 1860 la speranza di vita nel Regno d’Italia era 30 anni (come nell’antica Roma!). Se i padri e madri morivano a 30 anni, a 10-12 anni c'era il rischio di essere già orfani. La famiglia media italiana, se oggi vive con 2.450 euro al mese, in euro attuali, all’epoca di Cavour e Garibaldi, doveva vivere con 220 euro. L’Italiano medio viveva con 3 euro al giorno (a valori attuali). L’incertezza era la sopravvivenza. Lo stesso fatto che fino a tre decadi fa i cimiteri dei nostri paesi avessero una larga sezione dedicata alle tombe dei bambini riflette quale fosse la maggiore incertezza che le famiglie dovevano affrontare.


Oggi per fortuna la mortalitá infantile e da parto è scomparsa come fonte di incertezza. Però le incertezze della vita familiare ci sono sebbene siano altre. La spannologia ci sta insegnando che le certezze che avevamo nella famiglia, a partire da quella patriarcale, con ruoli ben definiti ed imposti dalla societá, è scomparsa per sempre, sostituita dalla più flebile stabilitá delle relazioni familiari. Su base nazionale, il Friuli ha tra un basso numero di matrimoni relativamente alla popolazione. Nei paesi Scandinavi non si sposa praticamente nessuno perchè per legge, la convivenza dá grossomodo gli stessi diritti del matrimonio e in particolare, i figli naturali sono equiparati ai figli legittimi e quindi l’obbligo del mantenimento spetta senza distinzioni di sorta ai genitori biologici. Essere genitori single per scelta non è inusuale. In Gran Bretagna giá un matrimonio su due finisce in divorzio. Con l’emancipazione della donna, si sono affievoliti (se non distrutti) i legami psicologici che “forzavano” una sposa a sopportare di tutto pur di far andare avanti la famiglia basata sul matrimonio. Oggi, le donne si possono separare senza necessariamente il timore di finire in povertá o di subire uno stigma sociale. La figura del marito e del padre si è adattata o si sta adattando sempre più a questo modello di compagna di vita. Poi si vive più a lungo e si sta assistendo al fenomeno di coppie ultra-sessantenni che si separano. Insomma, è un fatto che le unioni, almeno da un punto di vista formale, sono molto più fragili dei tempi che furono e sempre meno coppie giungono all’altare dando vita, per contro, a nuove tipologie di “famiglia”.



Il lavoro incerto?
Il posto fisso per decenni è stato il miraggio dei nostri padri, verosimilmente memori della povertá atavica degli italiani (di cui sopra) con l’idea di cullarsi per tutta la vita nella bambagia dell’illicenziabilitá (leggi riduzione dell’incertezza), dei salari generosi (leggi riduzione dell’incertezza), delle raccomandazioni (leggi riduzione dell’incertezza), delle categorie e degli ordini superprotetti (leggi riduzione dell’incertezza), delle pensioni ultra generose (leggi riduzione dell’incertezza).



Oggi tutto è incerto a cominciare dal trovare un lavoro corrispondente ai titoli di studio e con un contratto d’impiego che permetta di pagare i contributi pensionistici. Si intuisce che viviamo in una nazione che da un decennio cresce meno di tutte le nazioni al mondo, e non è una battuta, è proprio così: peggiori su oltre 190 nazioni con nostre crescite medie dello 0.6% contro il 10% della Cina e comunque un 1.8% della Gran Bretagna o 1.6% Francia. Il che in 10 anni su un PIL di 1.500 miliardi di euro significa che abbiamo perso circa 200 miliardi rispetto alla Francia e circa 300 rispetto allo UK, e non sono bruscolini se pensate che una manovra “lacrime e sangue” del governo porta nelle casse dello Stato “solo” attorno 25 miliardi e che in 19 manovre finanziarie in 12 anni, lo Stato ci ha spremuto 525 miliardi di Euro. La mancanza di crescita è la pecca più grande della nostra economia e se non si cresce non si crea lavoro e senza lavoro si fa la fine della Repubblica Serenissima che crebbe nel medioevo e poi dal 1500 (dopo che la circumnavigazione dell’Africa cambiò le rotte dei commerci con l’Asia) al 1700, visse di rendita per poi sprofondare nella decadenza nell’800 e diventare un museo a cielo aperto nel ‘900.

Non abbiamo materie prime, le nostre manifatture sono debolissime in diversi settori (mobili, calzature, abbigliamento) e non abbiamo grosse industrie nei servizi. Il 52% del reddito nazionale è prodotto dallo Stato: ci sono 7.000 aziende pubbliche i 4/5 delle quali in perdita. I nuovi lavori che generiamo sono più avvocati (ce ne sono 220 mila, 4 volte che in Francia) e badanti. Non esattamente dei lavori strategici per la crescita sistemica (come direbbe mio cugino). Senza contare che il tasso specifico di occupazione (cioè la percentuale di 15-64enni che lavorano) è solo del 56% contro una media OCSE di quasi il 70% (PS notate come i politici menzionino sempre il tasso di disoccupazione e mai di tasso di occupazione. Sleali!). Non parliamo poi dell’impiego delle donne tra i più bassi dell’OCSE. Nel mondo del lavoro, che futuro ci attende?    

La vita sociale incerta?
L’Italia ha una piramide dell’etá che sembra un parallelepipedo: abbiamo pochi giovani e sempre più anziani. Invece, nel bacino del mediterraneo ci sono oltre 400 milioni di arabi e nordafricani con etá media 25 anni. Anche chi non è ferrato di idraulica, di fronte a questi numeri, intuirá cosa dica la teoria dei vasi comunicanti: la composizione della nostra societá, così come la conosciamo oggi, è destinata a cambiare drammaticamente (volenti o nolenti). Come cambierá e con che implicazioni per gli autoctoni?


Oggi non si sa se si troverá lavoro dopo le scuole, non si sa se si riuscirá ad accedere al credito e ad un mutuo, non si sa se si andrá in pensione, non si sa se si avranno i soldi per la badante o per il proprio funerale.

Le abitazioni sono sempre più piccole per assecondare le donne che lavorano che hanno meno tempo (e giustamente voglia) di fare i lavori di casa, il minor numero di figli e i costi esorbitanti del mattone. Però i mutui si allungano e molti giá sottoscrivono mutui a 30 o 40 anni. Cioè, andrai in pensione con un mutuo ancora da estinguere! Poi scoprirai che l’esigua pensione non ti permette di pagare le rate e la banca ti butterá fuori casa. Nessuno ci pensa ma casi come questi potrebbero accadere.

Le donne dovranno lavorare almeno fino a 62 anni (e col tempo anche oltre) quindi non potranno fare le nonne come le nostre madri sono riuscite a fare. Le giovani coppie dovranno prendersi costose baby sitter e questo mettera’ pressione alle casse familiari e dunque si faranno meno figli di quanti se ne sarebbero fatti se ci fosse stato sostegno familiare. Oppure sostegno statale: si spera che se l’etá pensionabile aumenterá, attiveranno sistemi di “compensazione sociale” come asili nido e servizi di assistenza alle famiglie. Non si vede nulla di tutto ciò.   

Nei paesi del circondario l’edilizia di qualitá non esiste quasi più, i giardini sono sempre meno, figurarsi gli orti (noti per essere degli ottimi anti-stress). Siamo in paese ma ci tocca fare vita da peggior metropoli: soggiornare in appartamentini mal costruiti, lunghe ore al lavoro, niente orto e figurarsi l’aia, cibi precotti e artificiali che causano allergie e ci si muove in macchina per fare tutti gli spostamenti anche minimi. Niente centro paesano bensì centro commerciale. Adolescenti non seguiti da genitori stressati perennemente al lavoro comportano problemi sociali non trascurabili (droga, piccoli furti, apatia ecc.). Niente lavoro per gli under 18 perchè la legge lo rende praticamente impossibile e i bamboccioni gongolano sui divani.

E poi le slot machines apparse in ogni bar non sono un segno di forza sociale, anzi. Basta pensare che ne abbiamo di più per abitante che non Las Vegas (una macchinetta ogni 150 abitanti). Tuttavia, nessuno che si preoccupi dei costi sanitari per curare la dipendenza da gioco nonchè dei costi sociali di famiglie sul lastrico o in mano agli ususrai.

La salute incerta?
Of all the people in the world who have ever lived to be 65, two-thirds are alive today. “Oggi sono in vita due terzi degli ultra sessantacinquenni vissuti in tutta la storia dell’umanitá” recita una pubblicitá della HSBC nei tabelloni degli aeroporti. Qui forse c’è l’unica nota statisticamente felice di queste pagine: è un fatto che dopo il Principato di Monaco (93 anni) e il Giappone (83 anni), l’Italia è tra i paesi più longevi al mondo con speranza di vita oltre gli 80 anni.
In più la Croce Rossa Internazionale indica ci sono 1.5 miliardi di persone clinicamente obese e 925 milioni di persone malnutrite. Come a dire che al momento nel mondo si rischia di morire più per patologie legate all’obesitá che per fame. Vero che, secondo l’ONU dei 7 miliardi di persone di oggi, saremo 10-15 miliardi nel 2100 e che l’acqua sara’ il vero problema più che il cibo in senso stretto. Però anche il cibo gioca la sua parte se è vero che il Pentagono (2010 Quadrennial Defense Review) ha correlato la tensione che ha portato alle rivolte in Nord Africa e in Sudan con l’incremento esponenziale del prezzo dei cereali, nutrimento base delle popolazioni di quelle zone dove il cibarsi conta per il 75% del reddito delle famiglie. Come dire che se il popolo ha fame scatta la Zobia Grassa.

Al di lá dei discorsi sui massimi sistemi, avvicinandosi agli “anta” o superandoli, ci si rende conto che l’invincibilitá fisica dei vent’anni è ormai un ricordo. Se è vero che si vive più a lungo è anche vero che siamo forse la prima generazione di italiani dal 1861 che vedrá i propri figli meno benestanti. L’idea che un domani si debba fungere da sostegno a loro anche in avanzata etá ci mette ancora più pressione per cercare di star bene il più a lungo possibile.

Come disse il mio compagno di classe al Malignani dopo un 2 in matematica: “professoressa, l’importante è la salute!”. Che avesse ragione è matematico.


Conclusioni
La vita dell’uomo è da sempre accompagnata dall’incertezza e questa cambia con il cambiare della societá. Vien da chiedersi se invece di un problema l'incertezza sia un regalo che la vita ci offre e che ci permette di tenere sempre molte strade aperte, di non essere sicuri di nulla e per questo di non soffrire se i nostri progetti non vanno come li avevamo in mente.  

Forse l'incertezza rispecchia l'essenza stessa della vita e accettarla è il primo gradino per stare bene senza punti fermi a cui aggrapparsi?

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Una Settimana di Ordinaria Incertezza

Spread, BTP, Bund,Standard and Poor's...fantastico sapere che molti dei nostri esimi politici che siedono sugli scranni del Parlamento non sanno nemmeno di che si tratti, e perciò ne ignorano la ricaduta sulle nostre famiglie.
Rovescio della medaglia: le nostre famiglie, digiune di grande conoscenze in campo finanziario internazionale, ma bombardate dal panico reale di questi pericoli "virtuali", si dibattono quotidianamente alla cieca nella ricerca di salvaguardare i risparmi faticosamente accumulati nel corso di una vita.
E questo, certo, ci riempie di fiducia.

Sì, il tema della serata è l'incertezza: è da un po' che penso di strutturarla a mo' di "blog", ovvero evitare  sia l'esposizione delle grandi teorie, su cui si può dire di tutto e oltre, che l'approccio monotematico, perchè richiederebbero un livello di approfondimento e di analisi che solo studiosi ed esperti possono sostenere; mi limiterò a dar voce invece alle mie personali incertezze, ovvero quelle che scaturiscono da scene di vita quotidiana nei momenti più impensati, con protagonisti diversi.Segue perciò una serie di pensieri apparentemente "slegati", ma frutto di riflessioni accorpate, collage di "scene", scritti di getto, in tempi diversi, accomunati dall'unico tema dell'incertezza calata nel quotidiano (tanto son sicura che Fabrizio, da bravo analista, snocciolerà dati incontrovertibili, e son felice di cedergli il campo)

1 - Lunedì 21 Novembre. Ho iniziato con lo spread perchè esco proprio ora da una sessione "calda", a casa dei miei, in cui 3 famosi analisti dibattevano il tema. Capirai. Un pensionato e due casalinghe, con le informazioni di milionesima mano che tutti noi possediamo,a trovare soluzioni intelligenti. Sono uscita da casa dei miei piuttosto alterata, non solo per l'aspetto puramente finanziario della cosa, ma perchè si sta rinnovando e alimentando, sottilmente, quel trend che ravviso da qualche anno, ovvero da quando son tornata in Italia: visto che son ancora casalinga (parola che detesto, preferisco mamma,che ha una ricchezza semantica nemmeno comparabile all'altra) son tenuta a farmi carico delle paranoie, pensieri, critiche, riflessioni, approfondimenti e quant'altro che passano in capo a tutti i miei familiari, acquisiti e non.Se non lo faccio, peste mi colga.Ahi...sento che una forza centripeta m'ha eletto a occhio del ciclone. Figlia femmina unica, unica nuora, a portata di mano. Sono felice di essere d'aiuto, ma sento che la bilancia dei doveri pende inspegabilmente dalla mia parte. C'era un articolo su IO Donna/Corriere della Sera, di alcune settimane fa: "Mamme a tempo pieno contro quelle che lavorano: la guerra è dichiarata". Titolo esagerato...ma nel testo si intrecciano tematiche, non sempre sviluppate a dovere, che a tutte noi stanno a cuore: come seguire la famiglia al meglio, come garantire il proprio contributo economico in casa, magari col lavoro part-time(incluso garantirsi la pensione), come bilanciare il tempo proprio con le esigenze di figli e genitori/suoceri che invecchiano e diventano a loro volta esigenti con noi. Aldilà della stupida mancanza di solidarietà femminile, evidenziata nell'articolo, problema secolare e scritto nel nostro DNA, che ci pone a competere le une con le altre...mi domando cosa succederebbe se una classe dirigente decente,sensibile, colta e illuminata, alimentata da teste pensanti di elettori decenti, prendesse a cuore davvero queste tematiche- perchè le donne, inutile negarlo, continuano ad essere il perno nel settore sociale,familiare, assistenziale e in più cercano, o devono, compartecipare al sostentamento economico della famiglia....(non a caso, il blog sul Corriere della Sera rivolto alle donne d'oggi si chiama "la 27esima ora..."). Sto solo sognando?

2- Lunedì 21 notte,penso: se crolla Fabrizio, qui casca il palco.Ci sono dei fastidi sul lavoro, c'è una questione che si porta appresso da mesi, e lo vedo nervoso. Perciò ad essere nervosi siamo in due. Lui rinforza quotidianamente la mia fiducia, dicendomi che essendo un dipendente di ditta estera, domattina potrebbe essere su una strada, con uno scatolone in mano, modello Lehman Brothers, e con un indiano che costa un decimo di lui, ma brillante laureato in Ingegneria in qualche angolo d'India, pronto per sostituirlo immediatamente. Mi rincuora. La globalizzazione. Suona cool, trendy...ma per quanto mi riguarda, la guardo con lo scetticismo della brava friulana.Mondo liquido, molto liquido.

3- Venerdì 11 Novembre. Liquido. Ecco...la mia amica Paola, 34 anni come me, molto graziosa, intelligente, e indipendente. Single. Siamo in macchina, mi chiede: "Sai cos'è l'amore liquido?" Sono una vecchia donna sposata, aggiornami, le dico. Dopo una lunga premessa, mi spiega il suo caso: conosce solo ragazzi che la corteggiano via sms, facebook, e altre amenità tecnologiche. Dico ragazzi, dovrei dire uomini apparentemnte maturi, con lavori anche di responsabilità. Eppure, mi dice, non riesce a trovare un ragazzo che la corteggi "alla vecchia".Mi racconta:"Dopo l'ennesimo , romanticissimo messaggino in cui mi giurava amore eterno, gli ho chiesto, a bruciapelo: sarà il caso almeno che ci rivediamo, per conoscerci un po' meglio, no? Usciamo, vediamoci". Silenzio stampa. Sparito.E non è l'unico caso: mio fratello intrattiene da anni una relazione con donna 37enne residente all'estero...viva il telefono, e ci si vede quando si può. Famiglia virtuale. Perchè alla domanda che gli pongo " Avete pensato a vivere assieme, ad un futuro con figli?"mi risponde che ora son felici così. "Ora", tutto si consuma nell'adesso, nella pace dei sensi del presente. Per non dire di altri due familiari acquisiti, single a età sposabile (passata), che non disdegnano d'intrattenere relazioni virtuali, tempestando le malcapitate di amorevolissimi messaggi, ma che proprio non riescono ad imboccare la faticosa, ma anche ricca di soddisfazioni, via di quella che io chiamo "famiglia normale". Si vede che sto diventando una vecchia conservatrice. O solo vecchia: personalmente, sono orgogliosa di aver costruito, mattone dopo mattone, casa e famiglia, sudando e sbraitando spesso, metaforicamente, sotto il sole di agosto. Famiglia: fatta di uomini, solidi come querce, esempi di vita per figli con la schiena dritta. E donne amorevoli, tenaci e sobrie, sotto tutti i punti di vista. Altrimenti, a quali esempi li lasciamo? "Uomini e donne?" il "Grande Fratello"? Veliname vario? Ce la spacciano come la tv populista, come lo specchio di noi stessi. Io mi rifiuto di pensarlo, e continuo a credere che quei quattro debosciati siano sorci spuntati dalle fogne, che s'azzuffano per il loro pezzetto di formaggio, ripuliti, lucidati per la tv. Gli ultimi dati sullo share del GF mi consolano: pare che anche questo format abbia fatto il suo tempo. Inversione di rotta? Speriamo.

4-            D'altra parte, qualche giorno dopo mi torna in mente un articolo ancora letto sul Corriere della Sera... in cui si recitava il de profundis per la borghesia portatrice di valori, in favore della diffusione del becero ceto medio, decerebrato e "consumatore". C'era una volta... la borghesia pensante, illluminata, orgogliosa dei propri ideali, ambiziosa, orgogliosa della propria cultura, e di "fare"cultura, che ci ha regalato grandi nomi, statisti e intellettuali, con idee varie, di correnti varie. Qualcuno di noi ravvisa qualcosa oggi? Abbiamo prodotto...chi? E' come se molti di noi non avessero più stimoli. Abbiamo ciò che possiamo consumare, e molto di più. Siamo tutti ceto medio (almeno per ora): se una volta, attraverso la cultura, si poteva accedere all'empireo dei Grandi, ora si accede tranquillamente all'empireo della "panza" piena senza la cultura. Nessuna vocazione per nulla, nessuna sete. Il disastro, morale e intellettuale, è sotto gli occhi di tutti.O ci risvegliamo, e risvegliamo la scuola, i nostri figli, noi stessi...o nulla. Tanto la bolla di sapone sta già scoppiando, e siamo già terra di conquista di gente più affamata di noi.E allora cosa dobbiamo fare? Penso ai miei figli...devono tornare a desiderare, ad ambire...il tutto entro un alveo ideologico "sano"-non unidirezionale, per carità...ma sano. Solide querce, con i rami protesi di nuovo verso l'alto, non salici piangenti e piagnoni. Ecco, ho trovato illuminante l'ultima copertina dell'Economist che rappresentava l'Italia come un grande banchetto orgiastico...siamo deboli, molli, effeminati. Su le maniche!-certo, facile a dirsi...ma dobbiamo provarci, nel piccolo piccolo delle nostre case.

5-Venerdì, 18 novembre. Sono in asilo, incrocio Suor Raffaella. Mi regala un libretto con gli orientamenti pastorali dell'Episcopato Italiano 2010-2020.Ne sfoglio le pagine: si parla di "emergenza educativa, confermata dagli insuccessi a cui vanno incontro i nostri sforzi per formare persone solide, capaci di collaborare con gli altri e di dare un senso alla propria vita". Pesano, parole come "forte mobilità", "instabilità affettiva in un rilevante numero di adulti", "incapacità di saper far proprio il patrimonio di conoscenze, legami ed esperienze di cui sono eredi", "narcisismo".e ho trovato affascinante il problema della dissociazione tra razionalità e affettività: "la razionalità diventa uno strumento per imparare le competenze necessarie per riuscire nel mondo competitivo delle relazioni sociali e lavorative, l'affettività è trasformata in una ricerca di emozioni immediate appaganti, senza giudizio di bene o male."La risposta a questo? Chiarezza di obiettivi e riferimenti, per tutti.Gli adulti devono tornare ad essere educatori forti nelle famiglie- di se stessi e dei bambini.
Bisognerà che giri il sussidio all' (ex) spasimante della mia amica Paola.

Concludo qui. Non so se continuerò a scrivere, per me, per riordinare i miei pensieri quotidiani, e incanalarli in maniera razionale sulla carta- ho l'impressione che ognuno di noi "senta", dentro di sè, un'esigenza di "fare", movimento, ordine, nuovi obiettivi. In fin dei conti, la storia è fatta di cicli...sono certa che ci sia un Disegno più grande, sopra di noi, che si sta compiendo indipendentemente dalle nostre volontà- ma credo anche che, parallelamente, siamo dotati di quel libero arbitrio che ci permette di modificare, almeno in parte, il percorso avanti a noi.Non sono nè ottimista nè pessimista, ma il senso di disagio che avvertiamo è come la spia gialla di un'auto che si accende- richiede attenzione, prima che l'auto si fermi di notte nel mezzo di un sentiero di campagna.
Coniugare nuovamente razionalità e affettività- forse questa ricetta può davvero aiutarci, a cominciare dalla nostra minuscola realtà quotidiana, come un'onda che si riverbera anche ai piani alti del mondo, nelle alte sfere, dove molto si dovrebbe decidere, e molto si potrebbe fare...

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RIFLESSIONI

Dove hai più incertezze?

Le mie incertezze
Le Incertezze del Partner
Famiglia


Lavoro


Salute


Vita Sociale



100%
100%
Distribuisci le percentuali facendo in modo che il totale sia 100%. Poi chiedi al tuo partner di darti le sue percentuali.

Confronta le tue risposte con quelle del partner.

1.       Come si conciliano le incertezze che tu hai con quelle della coppia?
2.       Influenzano di più le vostre scelte le incertezze interne alla famiglia o quelle esterne (societa’, economia ecc.)?
3.       Hai l’impressione che i tuoi figli avranno una vita più incerta della tua? 
4.       Quali sono le tue più grandi incertezze?
5.       Queste incertezze, come modificano:
o   i tuoi comportamenti?
o   i tuoi valori?
o   le tue relazioni familiari?

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Fiducia nella Provvidenza

Matteo 6,25-34
"Perciò vi dico: per la vostra vita, non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare può aggiungere un'ora sola alla sua vita?
E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno". Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà gia le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena.

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