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...a sua immagine li creò |
L’argomento può essere affrontato come dicotomia.
Nella nostra società domina l’apparire e spesso le persone che ci circondano propongono un’immagine ben studiata di sé ed è questa che domina. Gli altri ci giudicano senza andare oltre l’apparenza. Tu sei quel che appari: come ti vesti, come parli, come ti atteggi. Quante volte ci capita di vedere che una persona ricopre posti di responsabilità solo perché sa come apparire e ci viene da chiedere: ma gli altri non capiscono che è tutto una posa, che bluffa?
Non solo: quante volte ci è capitato di non riuscire a scrollarci di dosso un’etichetta? Anche perché, spesso una volta incasellati non ci si “scasella” più.
Le domande sono: riesco a cogliere l’altro al di là del suo apparire? L’immagine che gli altri hanno di me come individuo o di noi come coppia corrisponde al vero? Mi va bene che sia così?
Come possiamo educare i nostri figli a un modo di vedere che va oltre? Come possiamo trovare un equilibrio tra il sano valore del curarsi, del trattarsi bene e il disvalore di non dare importanza se non a quell’aspetto.
Vorrei che mia figlia si “tenesse bene” senza dover per questo rinunciare a uscire perché non ha i jeans all’ultima moda. Vorrei che mio figlio ammirasse una ragazza perché ha un cuore e un cervello. E’ terribile sentire genitori dire frasi tipo: “Brutto com’è e pure senza soldi, chi vuoi che se lo fili?” Che figli possono crescere? O frasi tipo: “Lo fai quando la maestra non ti vede”.
Quanto mi blocca nel mio agire la preoccupazione dell’immagine che do di me stesso?
Sarà perché ho anche un volto pubblico, ma io mi sento bloccata spesso nell’esprimermi, proprio perché sento la fatica dell’etichetta. Sto attenta a non esprimere se non a pochi intimi le mie idee politiche, non voglio avere un profilo facebook (eppure curioso in quello di Giovanni), vorrei disfare e rifare il mondo, ma al tempo stesso quando mi pongo nell’agone sento il peso del giudizio altrui.
Io invece ho fatto il mio profilo facebook e visto che è l'unica occasione “per darla in giro”.... l'amicizia la do. Differentemente da Monica, non mi faccio scrupoli a espormi sia con idee politiche che con immagini che possono essere anche fraintendibili. Credo che esprimersi sia solo fonte di crescita. Esprimersi crea relazioni, d'amore e d'altro; da lì puoi capire errori, fare discussioni, conoscere e confrontarti.
In effetti siamo una coppia semi privata: Monica scrive (appare con i caratteri), io dipingo (appaio con le immagini). Lei è più conosciuta in quanto quotidianamente si legge il nome sotto un articolo, io devo mostrarmi di più in quanto uso un medium diverso.
Può essere affrontato come sfida.
In questa società dell’immagine, come posso apparire come sono, senza arrivare al paradosso che per essere devo apparire?
Come posso “sfruttare” l’importanza dell’immagine, nella comunicazione di me stesso, dei miei valori?
Talora chi esprime se stesso è anche vincente. Ciò non comporta molta fatica e se si vedono queste persone (Obama, Renzo Piano, Madre Teresa…) si ha l'immagine di gente genuina, che porta avanti l’esistenza in maniera che pare ovvia, quasi leggera.
E’ vero, ma ci sono anche ben altri esempi… Tuttavia, non posso prescindere dal fatto che oggi l’immagine è diventata tutto. Come posso sfruttare ciò per combattere questa stessa cultura e lanciare anche altri messaggi?
Se uno sa che vestirsi, atteggiarsi parlare in un certo modo da risultati, perché, visto che il contenuto c'è, non fare attenzione anche al modo di apparire? Una mia collega passava tutto il tempo delle pause a truccarsi riscuotendo i complimenti dei colleghi maschi; il soggetto di gran parte delle discussioni delle altre colleghe era lei e ne parlavano con un filino di invidia. Anche persone con una certa personalità "cascavano" nella tela di questa ragazza che appariva com’era: bella e curatissima (ps. Laureata in ingegneria gestionale).
Molti artisti o letterati modificano la realtà, a seconda del loro modo di vedere, e "condizionano” il gusto degli altri. Andy Warhol e i suoi 15 minuti di fama, Van Gogh e i paesaggi modificati da colori e pulsioni, Kafka ossessionato tanto da ridursi a scarafaggio, il dandismo di Dorian Gray, la pacatezza di un Ghandi…
D'altronde capi di stato, showman e altri, anche persone comuni, fanno attenzione a questo per attirare gli elettori, gli spettatori, il consenso, il successo. Non lo vedo come una distrazione o un surplus ma un pezzo importante di un puzzle che è il nostro essere. Naturalmente se il puzzle è completo e non si lasciano perdere altre cose che possono risultare più importanti (educazione, rispetto, relazioni, ecc.)
A me piace giocare con la mia immagine; non ho uno stile e un modo di vestire preciso: mi diverto a passare dal casual più scazzato al “chi è Svetlana?” Ma: inutile dirlo: se mi vesto bene la gente bada molto di più a quello che dico, anche se non parlo di moda! Si ferma quando sono sulle strisce pedonali ed è più gentile. Devo mostrarmi o per preservare la mia autenticità devo rimanere nell’anonimato? Se mi mostro, sono, necessariamente, etichettato? Come faccio a sottolineare che sono molto più complesso di quel che appaio? E che ciò che appare è soltanto una parte di me?
E perchè devo far andare gli altri oltre quello che appaio? La gente non ha già molto da tener a mente? Deve tener conto sempre che uno è come un iceberg o può dare per sottinteso che c’è una parte nascosta, sommersa, sconosciuta? Se noi teniamo a qualcosa, è utile per noi e per gli altri che ci impegniamo e facciamo notare agli altri quello per cui lottiamo. Mi viene in mente un’immagine: la memoria di un computer... milioni di dati memorizzati e di quei dati si utilizza solo il 5%.
Se io ignoro questa situazione non potrò neppure entrare nell’arena per cambiare i giochi. Se insegno ai miei figli che non devono puntare all’apparire, verranno schiacciati perché non ci si accorgerà di loro. Il mondo in cui vivono i nostri ragazzi, ma anche noi stessi, è aggressivo. Faccio un esempio personale: credo di essere una brava giornalista a livello locale e questo mi viene riconosciuto, ma se non mi propongo non vengo chiamata. Eppure in cuor mio riterrei più “dignitoso” essere chiamata a svolgere un compito per i miei meriti piuttosto che propormi, Ma vedo che se non lo faccio vengono scavalcata da gente che è meno brava di me, e non vengo neppure presa in considerazione. Come trovo un equilibrio? come faccio a spiegare questo ai nostri ragazzi?
Nella mia azienda invece ci si propone e si fa carriera, è una scelta che comporta sacrifici perchè diventare responsabile di uomini e vite umane è impegnativo, costa sacrificio per le famiglie dei "proposti". Le chiamate per emergenze arrivano a qualsiasi ora e la famiglia arriva in un secondo posto. Parlando con un responsabile che si chiedeva un po’ sconfortato il prezzo della sua carriera, l'unica cosa che mi son sentito di dire è che comunque un figlio si ricorda delle pur brevi e intense volte che si trascorre il tempo assieme piuttosto che i pomeriggi di noia. Anche l'assenza di un padre insegna...
Conclusioni? Impossibile
Credo che l’equilibrio stia nel capire io stessa e far capire ai ragazzi che posso apparire per quel che sono, orgogliosa di ciò che ho di buono (e nel mondo d’oggi non va nascosto, neppure per modestia) e capace di riconoscere con un po’ di ironia debolezze ed errori, senza lasciarmi da essi schiacciare. Se poi l’immagine che gli altri hanno di me, è diversa… Ad un certo punto… Chìssene
Mah, essere o apparire è tutto un fluire. Stuc e piture fan biele figure!
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La Parola della Parola
Luca 11, 42-46
Ma guai a voi, farisei, che pagate la decima della menta, della ruta e di ogni erbaggio, e poi trasgredite la giustizia e l'amore di Dio. Queste cose bisognava curare senza trascurare le altre. 43 Guai a voi, farisei, che avete cari i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze. 44 Guai a voi perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo».
45 Uno dei dottori della legge intervenne: «Maestro, dicendo questo, offendi anche noi». 46 Egli rispose: «Guai anche a voi, dottori della legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!
Giovanni, 1, 1-14
1:1 In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.
1:2 Egli era in principio presso Dio:
1:3 tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.
1:4 In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini;
1:5 la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta.
1:6 Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni.
1:7 Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.
1:8 Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce.
1:9 Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.
1:10 Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe.
1:11 Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto.
1:12 A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome,
1:13 i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.
1:14 E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità.
Matteo 26, 36-39
[36] Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: “Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare”. [37] E presi con sé Pietro e i due figli di Zebedèo, cominciò a provare tristezza e angoscia. [38] Disse loro: “La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me”.
[39] E avanzatosi un poco, si prostrò con la faccia a terra e pregava dicendo: “Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!”.
Marco 15, 37-39
37 Ma Gesù, dando un forte grido, spirò. 38 Il velo del tempio si squarciò in due, dall'alto in basso.
39 Allora il centurione che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse: « Veramente quest'uomo era Figlio di Dio! ».
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Perchè sono nato, dice Dio
Sono nato nudo, dice Dio perchè tu sappia spogliarti di te stesso. Sono nato povero perchè tu possa considerarmi l'unica ricchezza. Sono nato in una stalla perchè tu impari a santificare ogni ambiente. Sono nato debole, dice Dio perchè tu non abbia mai paura di me. Sono nato per amore perchè tu non dubiti mai del mio amore. Sono nato di notte perchè tu creda che posso illuminare qualsiasi realtà. Sono nato persona, dice Dio perchè tu non abbia mai a vergognarti di essere te stesso. Sono nato uomo perchè tu possa essere "dio". Sono nato perseguitato perchè tu sappia accettare le difficoltà. Sono nato nella semplicità perchè tu smetta di essere complicato. Sono nato nella tua vita, dice Dio per portare tutti alla casa del Padre.