In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».
Parola del Signore.
Nella parte finale (Matteo 25,28-30) troviamo la parola del padrone che chiarisce la parabola: il padrone chiede di togliere all’ultimo servo il talento e darlo a chi già ne ha: "Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha." Ecco la chiave che chiarisce tutto. In realtà i talenti, "il denaro del padrone", i beni del Regno, sono l'amore, il servizio, la condivisione, il dono gratuito, la lealtà, la correttezza, l’onestà (anche intellettuale). Talento è tutto ciò che fa crescere la comunità e che rivela la presenza di Dio. Quando ci si chiude in se stessi per paura di perdere il poco che si ha si perde perfino quel poco che si ha, perché l'amore muore, la giustizia si indebolisce, la condivisione sparisce. Invece la persona che non pensa a sé e si dona agli altri, cresce e riceve sorprendentemente tutto ciò che ha dato e molto di più. "Perché chi vorrà salvare la propria vita la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà" (Mt 10,39).
La Comunità nella vita della Famiglia e la Famiglia nella vita della Comunità
Dal sito della Regione Toscana:
“la comunità fa riferimento all’insieme delle relazioni personali, sociali e istituzionali che permettono l’agire sociale, sostenuto da un forte sentimento di appartenenza e teso alla valorizzazione dei beni relazionali, oltre che allo sviluppo complessivo dell’intero contesto. Un’insieme di relazioni quindi, in grado di proteggere i contesti di vita dall’incomunicabilità e dal ripiegamento nel privato dei suoi abitanti”.
Sette anni fa una persona che stimo molto, durante una cena, mi chiese: “Cos’è che non funziona nella comunità di Palmanova? Cosa è che contraddistingue, che tiene insieme i palmarini?” In quel momento sentivo che la comunità di Palmanova fosse disgregata, senza un vero senso di
appartenenza, e potevo anche identificare i motivi che hanno determinato questa situazione. Allora non vivevo questo, però, come un problema, perché in determinate condizioni si può vivere anche senza avere una comunità di riferimento. Adesso la situazione è secondo me immutata, anzi forse anche peggiorata, ma sono cambiato io, il mio modo di vivere e vedere le cose, sono cambiate le nostre necessità (3 figli in effetti qualche cambiamento nella vita di una coppia lo portano) per cui adesso sento la necessità di avere intorno una comunità e questo è diventato per me un problema. Mi piacerebbe essere inserito in una comunità viva, partecipe, che abbia degli obiettivi comuni legati alla qualità della vita nella nostra città. Mi piacerebbe che i miei figli possano contare sulla comunità in cui sono inseriti, non solo considerati dei cittadini, degli allievi, dei clienti, degli elettori, ecc…
Così non è.
Intendiamoci, non è un problema solo di Palmanova. L'immagine attuale dell'Italia è quella di un Paese statico, con una scarsa mobilità sociale, un Paese in cui i fenomeni di malcostume delle classi dirigenti politiche, economiche ed amministrative sembrano essere all'ordine del giorno, un paese individualista, in cui è più importante essere furbi che intelligenti, in cui si è perso il senso del dovere morale, professionale, sociale.
Quello che emerge è un Paese in cui sia la maggioranza delle persone sia la politica hanno smesso di sdegnarsi per le esasperazioni presenti nella società, che ha rinunciato all'idea di identificare la propria azione con un nuovo senso civico, con innovate regole collettive e di modus operandi, con un nuovo valore della comunità e dei beni collettivi.
Contro tutto questo SEMBRA esserci una protesta diffusa, presente in misura abbastanza costante in tutti i settori sociali e in tutte le realtà locali del Paese, contro una società che pare non premiare il merito individuale, l'onestà, il seguire principi morali.
Sembra, ma in effetti spesso sono solo parole. La maggior parte delle persone si adegua, approva o comunque non fa nulla. Il ripiegamento individualista, il vuoto di senso civico di questi anni, l'incapacità di fare squadra sono sì il prodotto dell’incapacità della attuale politica di dare prospettive di senso sul futuro del Paese, della vittoria del possedere sull’essere, del consumismo esasperato, ma anche il risultato dell'incapacità di ritrovare forme di coinvolgimento in grado di smuovere identità e passioni. Tutto questo spinge ciascuno, comprensibilmente, a occuparsi solo di sé e del suo bilancio, nulla degli altri, non dico dei poveri immigrati, ma nemmeno dei propri figli. Come? Non ci occupiamo dei nostri figli?
Ma certo che ce ne occupiamo: ci occupiamo che siano vestiti bene, bene educati, che facciano bene a scuola, che abbiano una dieta sana, eccetera eccetera eccetera. Ma ci occupiamo allo stesso modo del loro futuro generazionale, del mondo in cui loro saranno immersi? Un mondo sempre più inquinato, conflittuale, egoista.
C'è quindi, secondo me, il bisogno forte e imprescindibile di una nuova etica, o forse della riscoperta di una vecchia etica da reinserire in un mondo nuovo, di un insieme di costumi, norme e modelli di comportamento in grado di guidare le azioni degli individui entro una determinata comunità e capaci di determinare, nel loro insieme, una nuova dimensione della comunità stessa.
E’ sicuramente più facile parlare che agire. Quanti giri di parole, quanti dibattiti sterili, nella società della comunicazione conta più la facciata che quello che essa nasconde.
Se ci guardiamo intorno, vediamo un ambiente agognante, un'atmosfera opprimente, un universo di persone sole, che non interagiscono. Vediamo tanti muri, fisici e psicologici, che oscurano l'orizzonte. Ma se guardiamo con più attenzione, notiamo sulle case dei pannelli solari, dietro le finestre gruppi di persone che si trovano per consociare gli acquisti, per parlare di un'altra via possibile, per cercare di organizzare un tempo scuola diverso che venga incontro alle necessità delle famiglie, vediamo all'angolo della strada un giovane che raccoglie firme per una causa in cui crede, un altro impegnato in oratorio.
Perchè per quanto la comunità sia in difficoltà, è vero anche che la sua ricerca non avrà mai fine. E questa ricerca, pur partendo e passando da azioni e interessi personali, ha sempre come obiettivo il benessere comune, del territorio e degli abitanti, e quindi, in sintesi, della comunità stessa.
C’è sempre qualcuno che ha il coraggio e la voglia di fare, di esporsi, e non solo di delegare.
Quindi qualcosa si muove. Da alcune indagini fatte dall’ANCI emerge che il valore del senso civico come determinante della qualità della vita assume una rilevanza via via crescente. Cresce dunque l'importanza attribuita ad una convivenza fatta di rispetto delle regole e dei concittadini, e si fa largo la consapevolezza che il bene comune sia la premessa per il benessere individuale.
Cresce e si accentua il bisogno di comunità, la necessità di vicinanza, di cura collettiva, di sicurezza intesa come garanzia di vita e di relazione. Cresce il bisogno di solidità della società e anche quello di collettività, di rapporto con l'altro, di accoglienza. La società cittadina oggi è una società che avverte disagi e fastidi, ma riscontra anche la valenza e l'importanza dell'incontro, dello scambio, dell'interazione. E' una società che, sotto gli effetti della crisi (economica, ma anche di valori), cerca di fuoriuscire dalle proprie barriere, da identità troppo uniche, da individualismi acutizzati.
Cerchiamo quindi di riprendere fiducia nelle azioni nostre e altrui, nelle parole dette e ascoltate, nei desideri personali e collettivi, consapevoli di essere su un'unica barca, e di avere ognuno di noi un timone e la responsabilità di decidere dove indirizzarlo.
E quindi ???????
E quindi, proviamo a fare tutti una magia, un grande “ABRACADABRA”, che deriva dall'aramaico
“AVRAH KADABRA” e che significa “io creo come parlo”: parlare del cambiamento lo rende possibile. Ritorniamo a noi, alla nostra comunità. Cosa possiamo fare?
Innanzi tutto essere ottimisti ed orgogliosi di ciò che siamo e di ciò in cui crediamo.
Ottimisti perché, a furia di cercare persone che abbiano voglia di cambiare le cose finiremo per trovarle ed alla fine ottenere dei risultati.
Orgogliosi perché è giusto esserlo, quando ciò che siamo è frutto di scelte consapevoli, anche se
controcorrente:
La famiglia è “morta”? La famiglia è in crisi? La nostra sta benissimo e ne siamo orgogliosi!
Gli italiani non fanno figli? Grazie a Dio noi ne abbiamo e ne siamo orgogliosi!
Gli italiani sono cattolici solo per tradizione? Noi no, noi crediamo e ne siamo orgogliosi!
La comunità in cui siamo inseriti sembra essere “inferiore” a quelle con cui ci si può confrontare, anche a solo pochi KM di distanza? Purtroppo forse è vero, ma ci stiamo lavorando! E non dimentichiamo tutto il “buono” che comunque c’è nella nostra comunità, per esempio i volontari delle molte associazioni presenti nel nostro comune. I palmarini se ne fregano della propria comunità? Probabilmente qualcuno sì, è fisiologico, ma NON tutti!
Ognuno vive solo per se stesso? Noi abbiamo degli amici su cui contare, una piccola rete di famiglie che è di grandissimo aiuto. La politica ed i media ci mostrano una società priva di principi e valori, egoista, i cui unici obbiettivi sono comparire in televisione e arricchirsi per “possedere” cose e persone? Noi cerchiamo di vivere secondo principi diversi!
E poi? Poi bisogna fare qualche cosa in più.
Innanzitutto essere testimoni di quanto sopra: superiamo il “Yes, we can”, per testimoniare il “Yes, we do it!”
Le vere rivoluzioni sono quelle che partono dal basso: siamo palmarini, siamo friulani, siamo italiani, siamo europei, siamo parte dell’umanità. Tanti piccoli cambiamenti, fatti da tanti piccoli uomini, possono portare a grandi risultati. Quelli che la nostra società attuale, o perlomeno quella rappresentata dai media, non persegue più. Io penso che Palmanova abbia capacità ed energie positive, che però operano distanti tra loro, spesso in una condizione di reciproca indifferenza. Si tratta di singoli cittadini, gruppi, associazioni, enti e imprese impegnati in piccole e grandi battaglie quotidiane di solidarietà, di rispetto per l’ambiente, di sviluppo economico e sociale. Quanto saremmo più forti se sui temi comuni e condivisi riuscissimo coordinarci, a parlare con una voce sola? Qui sono presenti persone impegnate nella politica locale, che collaborano con la parrocchia, che seguono attivamente la scuola dei propri figli e associazioni di volontariato: questa sera vogliamo confrontarci con voi su quali sono le possibili strade da seguire per contribuire a migliorare la comunità in cui vive la nostra famiglia.
Concludendo …. andiamo e spendiamo i nostri talenti. Impegnamoci per sostenere ciò in cui crediamo e per cambiare ciò che nella nostra comunità, secondo noi, può essere migliorato. Lo dobbiamo ai nostri figli, lo dobbiamo alla nostra comunità, lo dobbiamo anche a noi stessi.
Bibliografia:
• Il Vangelo secondo Matteo
• Ripartire dai (Beni) Comuni: dalla crisi delle comunità a nuove strategie di governo del territorio – Elena Gasparri
• Un pediatra per amico n. 5/2010
Sitografia
www.comunisolidali.org www.anci.it www.conferenzafamiglia.it
www.regione.toscana.it www.cittalia.com www.fantapalermo.it
Incontri e discussioni sulle tematiche della Famiglia - Parrocchia di Palmanova (UD)
giovedì 30 dicembre 2010
Dicembre 2010: La Comunità nella vita della famiglia e la famiglia nella vita della Comunità a cura di Donato e Silvia
1 commento:
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Segnalo che questo post è il più popolare questo mese sul blog di Morsano: "La Mongolfiera vicino alle mura di Palmanova".
RispondiEliminahttp://dibattitomorsanese.blogspot.com/2011/01/idea-morsanica-la-mongolfiera-vicino.html
Quindi qualche idea per Palmanova trova interesse in zona.