venerdì 20 gennaio 2012

Gennaio 2012 - Alla ricerca della felicità ovvero..."Non sprechiamo una buona crisi" a cura di Donato e Silvia

S. Non sprechiamo una buona crisi …
Con queste parole si è conclusa la serata animata da Daniela e Fabrizio, con l’intento di dare uno spunto di ottimismo alla fine di un confronto che ha messo in luce una situazione piuttosto grigia e permeata di pessimismo.
La crisi economica in atto e l’incertezza che essa determina hanno minato le nostre sicurezze, facendoci scoprire paure che fino a poco tempo fa non avevamo e facendo perdere la serenità e, perché no, la felicità a molti di noi. Una costante sensazione di angoscia ci attanaglia, siamo sommersi da notizie negative, purtroppo vere. Incertezza e paure sono molto diffuse.
Alla conclusione di quella serata ci siamo detti che il pessimismo e la paura non possono prendere il sopravvento, e abbiamo voluto raccogliere allora proprio quello spunto per cercare motivi di ottimismo.
Come spesso accade, una situazione di crisi mette in atto meccanismi che facilitano la scoperta, la riscoperta o la conferma che la felicità e la serenità non sono legate solo al lavoro. Vorremmo questa sera cercare di capire come si può cercare la felicità anche in tempi di crisi. Ovvero, come vivere serenamente nonostante la crisi.
E’ difficile, anche perché non vorremmo cadere nella trappola dei buoni propositi e scrivere qualche cosa che potrebbe diventare il testo per la solita catena di Sant’Antonio via e-mail.
Da qui in avanti mescoleremo sacro e profano, aforismi e riflessioni, cercando di capire in cosa consiste per noi la felicità e come fare per trovarla.
Solo una nota personale: in questo momento della mia vita la fatica del vivere quotidiano è tale e tanta che a malapena trovo la forza per sopravvivere, figuriamoci per fare grandi e profonde riflessioni. Abbiate pazienza!

D. Ho trovato questo scritto riguardo alla felicità, a cos’è e a dove trovarla; mi è sembrato interessante da proporre questa sera, perché ne condivido i contenuti.

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Il diritto alla felicità (tratto dalla Lettera Pastorale di Mons. Giuseppe MANI).
«Quella sera il padre Gribomont accettò di andare a cena a casa di un amico. Durante la cena il figlio più piccolo, vedendolo vestito in quel modo, non gli toglieva gli occhi di dosso e gli chiese: "Chi sei?". "Un monaco", rispose il padre. E lui di rimando: "Cosa fai?". "Mi alzo alle quattro ogni mattina...". "Alle quattro? E cosa fai alle quattro?". "Comincio ad essere felice", replicò pronta-mente il monaco.
Ogni uomo deve rispondere così, perché tutti abbiamo diritto alla felicità. Siamo stati creati per essere felici. Ma cos'è la felicità? È la pienezza di quella gioia di cui il cuore ha bisogno.
Una persona senza gioia è come una barca a vela senza vento, come una macchina con la benzina di pessima qualità: non carbura bene.
Dalla felicità del cuore dipende la qualità della vita e l'operosità di ciascuno. Chi non è felice non vive, spesso si lascia vivere, non produce, o produce male, per cui può diventare pericoloso.
Dio vuole la nostra felicità come ogni padre la desidera per i propri figli. "Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena", ci ha detto Gesù e attraverso S. Paolo ci ha fatto sapere: "Siate sempre lieti... questa è la volontà di Dio verso voi" [l Tess. 5,16]; "Rallegratevi nel Signore sempre, ve lo ripeto, rallegratevi" [Fil.4,4].
A quanto pare, allora, la felicità è un ordine, un dovere... proprio così. Perché se non si trovano le ragioni per la propria felicità, non c'è ragione per vivere.
Quest'ordine di Dio non vale solo quando tutte le cose vanno bene, tutto corre liscio, ma anche quando ci sono le prove e le sofferenze, anche in periodo di CRISI: bisogna essere lieti nonostante le croci e i dolori. "Siate lieti" questa è la volontà di Dio [Fil. 3,1] .
"Rinnega te stesso, prendi la tua croce ogni giorno e seguimi" [Cfr. Mt. 16-24].
Con queste indicazioni è come se Gesù ti dicesse: "Per raggiungere Dio e la felicità sii fedele alla vita, non sfuggire dalla vita, ama la vita così com'è e troverai Dio nella vita".
Un grande cercatore di Dio che ci ha preceduto e che l'ha davvero trovato, San Giovanni della Croce, ci dice: "Dio è in fondo al reale", non in cima all'ideale.
Inserirsi nella dinamica stessa della vita, abbracciarla e amarla fino in fondo è difficile. Il nostro problema più grave infatti, è l'alienazione, la fuga dal reale.
L'alienazione, il sentirsi divisi, il pensare che sia sempre altrove il luogo della nostra realizzazione è il nostro pericolo.
La vita è sempre in salita o in discesa. Per salire bisogna faticare: in discesa tutti i santi ci aiutano, in salita ci aiutano solo quelli veri.
Nessuna ragazza sale in passerella se non a costo di estenuanti digiuni, nessuno sale sul set o scende in campo se non a prezzo di dure prove e allenamenti. Non esiste neppure il colpo di genio senza un'accurata ricerca e una diligente preparazione; nessuna famiglia sta in piedi senza un impegnativa ascesi di comunione fatta di rinunce e di perdono; e nessun figlio nasce e cresce senza il dolore della madre e i sacrifici dei genitori.
Chi accetta la vita come lotta vive e vince; chi non l'affronta è finito in partenza. 
Il dramma di tanti è la diserzione dalla lotta della vita, l'autosqualifica nel gioco dell'esistenza. Una vita non può essere corsa senza addestramento, come una partita non può essere vinta senza allenamento.
Portare la croce è difficile. Parlarne è facile, ma quando la croce arriva, quella vera...
La croce si può portare in più modi: sportivamente, ma è molto difficile; stoicamente, sopportando con fortezza l'inevitabile; oppure cristianamente, ed è quello che vorrei insegnarti a fare.
Prima di tutto occorre saper scoprire la croce. E non è facile. Per prima cosa c'è il problema del nome. Sì, perché solitamente la si chiama disgrazia, dolore, malattia, prova, guaio, grana, CRISI o altro: termini con cui chiamiamo tutto ciò da cui derivano i problemi della nostra giornata. Tutte queste cose hanno un solo nome: croce. Chiamala così e avrai fatto il primo passo. Poi, non pensare di scaricarla sugli altri o di eliminarla in qualche modo.
No, accettala serenamente, sapendo che dopo ne arriverà un'altra, magari dopo aver appena ripreso fiato.
Accettando la croce quotidiana come parte integrante della tua vita, lentamente ti accorgerai che la porti con amore, volentieri, ci hai fatto la spalla. Anzi ti accorgerai che qualcuno ti sta aiutando a portarla.
Distinguerei gli uomini in due categorie: quelli che hanno portato e sanno portare la croce e quelli che non l'hanno ancora portata o la disprezzano. I primi sono persone mature, i secondi no, perché manca loro l'esperienza fondamentale della vita.
Fa' anche questo secondo passo: scopri la tua croce quotidiana e abbracciala con amore; abbraccerai Cristo. All'inizio sembrerà dura, poi la porterai volentieri e farà parte del tuo equipaggiamento per il viaggio della vita.

Non si può essere felici da soli.
Nella famiglia dei figli di Dio la condivisione assoluta è la regola fondamentale. Non c'è spazio per l'egoismo di nessun genere: tutto quello che ci è stato donato e di cui siamo titolari è per gli altri. Nessuno è padre per se o madre per se, nessuno è insegnante per se o medico per se: Gesù l'ha detto chiaramente: "Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la troverà" [Luca, 9,24]. La vita non si valorizza conservandola, ma "perdendola", cioè donandola.
Penso soprattutto che la più bella avventura è la costruzione della famiglia secondo il Vangelo, dal momento che non si può essere cristiani da soli, proprio come non ci si può sposare da soli. Edificare il rapporto di coppia sullo stile della relazione evangelica, educare i figli ai grandi valori evangelici e non alle proposte fasulle della moda e della propaganda, decidere insieme, marito e moglie, genitori e figli, perché le scelte familiari siano veramente di famiglia.»

Anche molti “grandi”, naturalmente, hanno pensato alla felicità:
-          “Tutti gli uomini sono creati uguali e sono dotati degli stessi universali diritti, tra cui la vita, la libertà e la ricerca della felicità”. Thomas Jefferson
-          “Fate che chiunque venga a voi se ne vada sentendosi meglio e più felice. La felicità è contagiosa”. "Non dobbiamo fare grandi cose, ma solo piccole cose con grande amore". Madre Teresa di Calcutta.
-          “La felicità non è nelle cose, è in noi”. Richard Wagner
-          “Per godere pienamente della felicità, bisogna avere qualcuno con cui dividerla”. Mark Twain
-          “Quando una porta della felicità si chiude, un'altra si apre. Ma spesso guardiamo tanto a lungo la porta chiusa che non vediamo quella che si apre”. Helen Keller
E infine alcune frasi da un ultimo testo fondamentale:
-          Ne vale la pena! Le cose importanti della vita (l'amore, la famiglia, il lavoro, la scuola,  lo sport) costano impegno, ma ne vale la pena. Quando vuoi raggiungere una meta importante, non cedere anche se è faticoso: quando la raggiungi, più fatica hai fatto, più sarai soddisfatto.
-          Il valore delle cose. Il prezzo non sempre corrisponde al vero valore di un oggetto. Anche le piccole cose possono avere un grande valore, magari perché ci ricordano qualcosa di veramente speciale!
-          La vita è un dono! Quando ti alzi la mattina guardati allo specchio e... sorridi! Ringrazia la vita perché è iniziato un nuovo meraviglioso giorno! E' un prezioso regalo, usalo bene facendo tante cose belle e utili per te e per gli altri... questo è uno dei segreti per essere felici! (Vuoi vedere che questo ha conosciuto padre Gribomont?).
-          Ciascuno di noi ha ricevuto dalla vita doni diversi e capacità diverse, ciascuno di noi può fare qualcosa di bello, importante ed unico per rendere questo mondo migliore!
(Da “Alla ricerca della felicità” di Geronimo Stilton.)

S. Certo, ma come si fa ad avere la forza per portare sempre la nostra croce con serenità e anzi volentieri??? Come ho detto prima, le mie riflessioni sono a un livello decisamente più basso. Se ci penso razionalmente so bene che la vita non può di fatto essere priva di difficoltà e di momenti pesanti e faticosi e so bene, peraltro, che la nostra vita in particolare è però decisamente agiata: abbiamo una splendida famiglia, dei bambini meravigliosi, noi due stiamo bene insieme, nessuno di noi ha problemi di salute, lavoriamo entrambi e per il momento non ci manca di che vivere dignitosamente, abbiamo una buona vita sociale e siamo inseriti in una comunità: insomma so perfettamente che non ci manca nulla per la felicità.
Ma allora per quale motivo mi basta partecipare a una festa in cui mi rendo conto di essere decisamente la meno elegante e di fare una brutta figura per cadere nella depressione e sentirmi inadeguata??!! Sono infantile e sciocca? Si, decisamente, me ne rendo conto, eppure mi succede e ci sto male per un bel po’ (e soprattutto ne viene intaccata la felicità provocata dalla festa).
Voglio dire, con questo esempio banale, che razionalmente so bene quali sono le cose importanti della vita, per esempio so bene che le persone parlano (o non parlano) con me per me e non per come sono vestita, ma poi ci sono anche le emozioni, che arrivano all’improvviso, a volte proprio non te le aspetti, e a volte ti fanno proprio perdere il contatto con la realtà e con l’evidenza della razionalità. A volte l’effetto passa presto e ritorni a pensare alle cose veramente importanti, altre volte i problemi sono più gravi, oppure si è più stanchi e allora valutare correttamente e lucidamente diventa difficile. Altre volte ancora irrompono altre emozioni, questa volta positive e allora cambia tutto: la felicità intensa che provo guardando i bambini che, dopo cena, si mettono tutti e tre insieme a giocare a nascondino, esplodendo in risate irrefrenabili, non è preventivabile, non è controllabile e soprattutto, fa passare ogni altra inquietudine sul senso della vita.
Il che mi porta a un’altra riflessione: personalmente i momenti di felicità più intensa sono legati ai nostri bambini, ai loro giochi, ai loro momenti felici, alla loro semplice presenza.
Ma chi non ha figli non è mai felice? Non credo. Allora quali sono le altre fonti della felicità?

D.: uomini e donne cercano tutti di essere felici. Felicità vuol dire avere il pane quotidiano, una casa da abitare, del denaro per vivere, una terra in cui ci sia un posto per ognuno. Felicità vuol dire trovare consolazione quando la vita è troppo dura, avere ragioni per ridere e non solo disgrazie, essere difesi quando si chiede giustizia, amare ed essere amati. Felicità significa presenza di persone generose, fiducia accordata senza dover temere l'inganno, e ancora la pace necessaria per costruire, crescere i figli e lavorare senza dover aver paura delle bombe e dei carri armati, e poi il diritto di pensare, di agire e di parlare liberamente, il diritto di credere in Dio senza essere perseguitato o messo in ridicolo, la gioia di conoscere Dio, e poi... è la felicità che Dio vuole per tutti gli uomini!

La parola alla PAROLA: Le Beatitudini di Gesù
Gesù si rivolge alla gente del popolo. Incontra molti poveri: contadini rovinati dalle tasse, malati esclusi dalla società, persone che piangono la scomparsa di un essere caro, mendicanti, schiavi, vedove senza alcun sostegno. Tutte persone che vivono una situazione di CRISI… Tutta questa gente quasi non osa sperare in un cambiamento della sua situazione. Si tratta di persone infelici e Gesù dice loro: "La situazione sta per cambiare! Sarete, anzi siete già felici!".
Successivamente Matteo ha messo insieme e sistemato insegnamenti che Gesù ha proferito probabilmente in molte occasioni. Nasce così il testo "delle beatitudini". Verso la fine del primo secolo, i poveri non sono scomparsi. Anzi! Quattro anni di guerra tra ebrei e romani (dal 66 al 70) hanno provocato migliaia di morti e di schiavi. Città e campagne sono state devastate. Credo possa definirsi un momento di grande CRISI! E’ indispensabile condivi-dere, fare la pace, lavorare per una giustizia più grande. A quest'epoca anche molti cristiani vengono perseguitati, ricercati, condotti in tribunale, torturati, messi a morte a causa della giustizia e a causa di Gesù. Bisogna leggere le beatitudini proprio pensando a questi poveri e a questi perseguitati. Matteo le ha scritte soprattutto per loro, anche se non solo.

Vangelo secondo Matteo, c.5, vv. 1-12.
Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli.
Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:
Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché erediteranno la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.

S.: leggendo questo Vangelo il mio primo pensiero è: ma allora la vita è fatica e sofferenza e la felicità ce la dobbiamo aspettare solo nell’aldilà? Ovviamente no: nel mondo ci sono uomini e donne che non stanno ad aspettare che la loro felicità provenga da qualcuno o qualcos’altro. Si mettono all'opera e si danno da fare per realizzare quella felicità che Dio desidera per tutti i suoi figli. Favoriscono la pace, praticano la giustizia, difendono la dignità di ogni persona, hanno un cuore generoso e agiscono onestamente, si battono contro la fame e lottano per i diritti di ogni uomo. Non confidano nella ricchezza come fonte della felicità e si impegnano a costruire un mondo più sostenibile. Sono questi i realizzatori delle beatitudini, ed è questa una delle vie con cui i cristiani mettono in pratica l'amore di Dio e la loro fede. Può uno di questi sentieri essere il nostro?

Ci sono tanti strumenti per provarci, tante vie che qualcuno ha già intrapreso e che possono costituire un esempio, anche nel nostro piccolo.
Uno di questi esempi, proprio legato alla crisi economica che ci sta coinvolgendo, è quello dei Bilanci di Giustizia. In Italia mille famiglie fanno parte di Bilanci di Giustizia, il movimento nato nel 1993 con l'obiettivo di ridurre i consumi e spostarli verso scelte più giuste per l'ambiente e i lavoratori. Queste famiglie, semplicemente orientando diversa-mente i loro consumi, hanno cambiato le loro vite.
"Che cosa mi rende felice? Che cosa aumenta davvero la qualità della mia/nostra vita?". Questa è la domanda di fondo che si fanno i bilancisti. A ciascuno spetta il compito di definire le proprie priorità, alla coppia il compito di rendere attuabili le scelte di ciascuno.
Hanno scritto un libro per raccontare queste esperienze: è venuto fuori che chi taglia i consumi superflui riesce anche a ridurre l'orario di lavoro, ha quindi più tempo da dedicare alle relazioni e alle proprie passioni ed è di conseguenza più felice. Uno stile di vita sobrio permette maggiore libertà e libera la fantasia. E’ solo uno dei tanti esempi di come si può vivere meglio nonostante la CRISI.

D.: E noi? Quale è la nostra strada per raggiungere la felicità? L’abbiamo imboccata?
Compitino per casa, perché è un po’ troppo lungo per essere svolto qui. Sono riflessioni da fare in coppia, in quanto la strada non può essere percorsa da soli:
·         Quali sono le nostre priorità? La famiglia, la salute, il lavoro, gli amici, la casa, i soldi, il calcetto, la realizzazione professionale, la realizzazione in politica, le varie forme di volontariato...
·         Dopo le priorità, elenchiamo le altre cose che possediamo o vorremmo possedere.
·         Di queste, quali abbiamo perso a causa di questa crisi? In quale posizione si trovano nella nostra scala delle priorità?
·         Di queste, quali sono minacciate da questa crisi? In quale posizione si trovano nella nostra scala delle priorità?
·         Per ognuna delle cose elencate definiamo se stiamo facendo del nostro meglio per mantenerle, migliorarle o raggiungerle. In pratica, abbiamo la coscienza a posto?
·         Per ognuna delle cose elencate definiamo se, perdendole completamente, diminuisce la nostra felicità.
·         Ove possibile ed applicabile, per ognuna delle cose elencate definiamo se, perdendole completamente, saremmo in grado di sostituirle con altre cose per ottenere lo stesso scopo (per esempio il lavoro: se perdo l’attuale, sono in grado di trovarne un altro, magari diverso?).
·         Per ognuna delle cose elencate definiamo se, perdendone un po’, diminuisce la nostra felicità.
·         E quindi, concludendo, l’impatto che la crisi ha attualmente sulle nostre vite, veramente determina la nostra infelicità ?
·         Cerchiamo di capire quanto ci stiamo lasciando prendere dall’angoscia e dalla paura, e per questo stiamo vivendo male come se avessimo perso delle cose veramente importanti, anche se magari così non è.

La strada della vita porta tutti alla stessa meta e mai come in questo caso è importante il viaggio, non la destinazione. E oltretutto, NON ci è dato sapere quale sarà la nostra fermata.
Facciamo in modo che il nostro viaggio, per quanto faticoso, sia piacevole. Affrontiamo con la stessa lucidità gli abissi della disperazione e le vette della felicità, consci che fanno parte del viaggio di ognuno, facendo in modo  che ci sia sempre qualcuno che ci vuole bene al nostro fianco e che la serenità non ci abbandoni.

Silvia e Donato

Bibliografia
- Il diritto alla felicità - Lettera Pastorale di Mons. Giuseppe MANI
Alla ricerca della felicità” di Geronimo Stilton    
- www.parrocchie.it                                            

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